L’esperienza fatta in questi mesi ha suscitato l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Si tratta, di fatto, della prima rete multidisciplinare nel Parkinson in Europa. La telemedicina non ci ha solo permesso di visitare pazienti che non avevano accesso ad ambulatori ed ospedali. Ne abbiamo fatto un modo diverso di fare medicina della cronicità, affiancando ai pazienti un ‘personal care manager’ e orchestrando l’intervento di tutti gli attori sanitari del PDTA. È il futuro della cronicità e solo la tecnologia può renderlo possibile e sostenibile. È urgente che questo sia riconosciuto e governato.
La telemedicina: un nuovo modello per la gestione delle cronicità?
Secondo recenti articoli pubblicati su The Lancet e JAMA la telemedicina non rappresenta più soltanto una risposta all’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, ma può diventare la forma elettiva di medicina, soprattutto nella presa in carico delle persone con malattie neurodegenerative, che possono essere costantemente monitorate da una rete di figure altamente specializzate all’interno del proprio ambiente domestico, in grado di restituire una prospettiva più realistica delle loro condizioni. Si tratta del cosiddetto modello “home-hub-and-spoke”, che mette insieme tre componenti fondamentali: primo fra tutti l’ambiente domestico; un hub di figure multidisciplinari specializzate; e infine un “personal care manager” che affianca i pazienti nella vita di ogni giorno.
La terribile emergenza non ci ha cancellati: siamo rimasti attivi e vicini alle persone con Parkinson e ne abbiamo avuto cura; abbiamo dimostrato che si può infrangere il tabù dell’autoreferenzialità per lavorare in rete. Insieme a una spallata all’immobilismo, abbiamo dato un impulso eccezionale ai più moderni approcci alla cura come la teleassistenza, e il case-management; abbiamo gestito l’emergenza ricavandone esperienze apprezzate nel mondo e utili per la sanità del futuro. Ancora una volta grazie a Careapt e alla Zambon per aver condiviso con noi tutto questo.