Oltre 100 milioni di contagiati e più di 2,2 milioni di morti: questo il bilancio – ancora molto provvisorio – della pandemia Covid-19 che sta devastando l’intero pianeta.
I due possibili scenari
Rimanevano solo altri due possibili scenari per spiegare la comparsa del SARS-CoV2 tra gli esseri umani: un trasferimento zoonotico (cioè un salto di specie da animali serbatoio all’uomo) del virus già bello e pronto per far danni, oppure il passaggio interspecifico di un antenato del virus che poi si è evoluto all’interno della specie umana in modo prima silenzioso e poi sempre più letale. Ma il primo degli ultimi due scenari è di difficile dimostrazione perché, fino a ora, nessuno dei coronavirus che colpisce altre specie può essere considerato sufficientemente simile a SARS-CoV2 da permettere di ipotizzare una parentela col “nostro” virus.
Anche nel nostro Paese, investito in pieno dalla prima ondata, il mondo scientifico non si è fermato a guardare: Giuseppina La Rosa e altri colleghi dell’Istituto Superiore di Sanità hanno avuto la brillante idea di mettere in coltura e poi analizzare i campioni di acque reflue prelevate da diversi impianti di depurazione urbana. I risultati, pubblicati su Science of the Total Environment, dimostrano che le proteine del virus erano presenti nei campioni prelevati il 29 gennaio 2020 a Bologna, ma anche in campioni ottenuti il 18 dicembre 2019 dai depuratori di Milano e Torino. Questi risultati rendono evidente che il virus circolava liberamente nel nord Italia almeno 65 giorni prima della scoperta dei primi 16 casi individuati a Codogno il 21 febbraio 2020.