La radiografia presentata dagli ultimi test Invalsi è impietosa. La percentuale di italiani con diploma o con laurea è nettamente inferiore alla media europea. Lo stesso vale per la percentuale di italiani tra i 16 e i 74 anni che dichiarano un alto livello di competenza digitale (nel 2018 il 19% rispetto a una media Ue del 31%). Commentando questi dati in un recente editoriale, Daniele Manca pone la seguente domanda: "Con questi numeri e questa preparazione l'Italia pensa davvero di poter affrontare i prossimi anni che saranno caratterizzati da una tecnologia sempre più pervasiva, da una globalizzazione e da un'economia indifferente ai muri che qui e là si vogliono innalzare?"
Per i 500 milioni di europei, il 2019 è probabilmente l’anno in cui il nostro mondo è passato definitivamente dalla dimensione analogica a quella digitale, soprattutto perché una generazione completamente digitalizzata è arrivata al voto. Dal 1993, anno in cui è nato il protocollo informatico che ci ha permesso nuove forme di connessione grazie a Internet, l'essere umano ha iniziato a basare le sue relazioni e lo scambio di informazioni sulla logica binaria tipica del linguaggio informatico. Le alternative sono solo due: 0 oppure 1. Tutto ciò si contrappone alla logica che da sempre l'essere umano ha utilizzato, basata sul linguaggio naturale che è molto complesso, articolato e ricco di sfumature. Ragionare con una logica binaria ci impone di fare delle scelte, di stare da una parte o dall'altra e questo ci ha portato alla polarizzazione tipica della contemporaneità.
La sfida della conoscenza è, in definitiva, mettere in un contesto ciò di cui siamo informati, creare gerarchie, porre in scala le priorità. La sintesi perfetta di ciò è il lavoro del giornalista e, in generale, della classe dirigente. La conoscenza non si limita al sapere ma si allarga al saper fare che è l'essenza del mettere in un contesto.